• Pane di matera, fetta a cuore

"Il pane, l'acqua ed il vino, le tre cose più necessarie alla vita, sono eccellenti; ed il pane e l'acqua in ispecie, non sono inferiori a quelli di nessun paese del Regno."

Conte Carlo Ulisse De Salis Marschlins, parlando di Matera, da "Viaggio nel Regno di Napoli", 1789

Ho trovato a casa di mia mamma il libro di Simonetta Agnello Hornby, "Un filo d'olio", bellissima narrazione della sua infanzia che si snoda principalmente in cucina, vissuta con la sua meravigliosa famiglia in una masseria siciliana, e mi sono fiondata subito a guardare l'appendice con le ricette di cui parla nelle storie. Mi colpisce questa Tuma all'argentiera. Mi ha incuriosito parecchio la ricetta, perchè io al massimo concepisco grigliati alcuni tipi di formaggio ma non ho mai pensato che questo si potesse addirittura trattare come una vera e propria fetta di carne!
Mentre sfogliavo il libro pensavo mestamente che mai avrei potuto assaggiare una sciccheria del genere, dando per scontato che questo tuma fosse un qualche tipo di raro prodotto caseario locale, magari confezionato cinquanta anni e fa e adesso scomparso e già ero in lutto gastronomico, quando mi imbatto nella descrizione del formaggio che "zirria" - stride sui denti. Cosa mi ricordava questa consistenza? Ma il primosale, prodotto in quasi tutte le masserie lucane, che ho sempre snobbato per il suo gusto insipido e anche per quella consistenza stranissima! E' lui, e in effetti il nome corretto della prima fase di lavorazione (prima della salatura) è proprio "tuma", altro che dialetto siciliano! Qui a Matera chiamano primosale indifferentemente sia quello sciapo che quello salato, oppure lo chiamano erroneamente giuncata! Provo un paio di volte a farlo, una volta becco quello sciapo e l'altra quello salato devo dire che la differenza non è molta basta semplicemente non aggiungere sale a fine cottura se è già saporito...
Una volta provato mi sono resa conto che in effetti si può trattare questo formaggio proprio come un pezzo di tenero filetto, ho provato quindi a farlo anche alla pizzaiola e alla veneziana ed i risultati sono sempre fantastici! Bisogna soltanto stare attenti a metterlo a cuocere sulla padella rovente, così si forma subito una crosticina dorata e non si scioglie in cottura, e poi diventa un vero jolly, si può condire, aromatizzare, manipolare in mille modi diversi.
Non ho ancora avuto la "sfortuna" di spappolarne una fetta per provarlo spalmato sul pane, come suggerisce l'autrice, ma mi sa che la prossima volta capiterà casualmente...
Incamerata anche questa nozione nella mia banca dati mentale sul cibo, vi riporto un pezzetto del libro e la ricetta, e vi auguro una buona sperimentazione, magari se provate una cottura diversa fatemi sapere ok?

    • Un filo d'olio

La tuma è il primo pecorino senza sale, umido e di consistenza elastica; quella di qualità migliore si riconosce perché zirria – stride – sui denti. E' scipita, ma si marita benissimo a una infinita quantità di sapori e di ingredienti nei piatti poveri. A casa nostra la si cucinava solo in quella pietanza dal nome affascinante – tuma all’argentiera – che evocava in me immagini di bagliori di candelabri, porcellana fina e tovaglie impreziosite di merletti. Ricordo ancora la mia delusione quando la mia amica Chicchi mi raccontò che quel piatto doveva il suo nome a un argentiere caduto in bassa fortuna; per nascondere la propria indigenza ai vicini curtigghiari, li gabbava cucinando sapientemente una fetta di modestissima tuma come se fosse un succulento filetto, con tutti gli aromi, e quelli ci cadevano! Ma a quel punto anche Chiara e io cominciammo a immaginare di prendere in giro i vicini, nel nostro caso inesistenti, e a divertirci moltissimo ogni volta che ci trovavamo nel piatto la tuma all’argentiera.

Caterina soffriggeva una cipolletta tritata con una cucchiaiata abbondante d’olio, sua personale variante alla ricetta. Quando diventava rosata adagiava le fette di tuma, alte un centimetro, nella padella e dopo averle fatte bruciacchiare da un lato le girava dall’altro; quindi aggiungeva dell’aceto di vino bianco, alzando la fiamma per farlo sventare velocemente, e all’ultimo, sale, pepe e una spruzzata di origano. A quel punto copriva la padella con il coperchio per mantenere calore e aromi, prima di portarla a tavola e servirci.

Noi intingevarno nel sughetto una fetta di pane sottile - quello della settimana precedente, con la mollica compatta, quasi dura - e infilzavamo sulla forchetta un pezzo di pane e uno di bianca turna filante sotto la crosta dorata, ancora calda: una vera leccornia. «Questo piatto è di veloce ma non facile cottura», sentenziava Giuliana, gustandone un altro boccone, «bisogna saperlo preparare». E ci raccontava che quando la tuma all’argentiera non riusciva, cioè quando le fette si spappolavano nel friggerle, o quando si bruciacchiavano, la turna si tramutava da disastro culinario in squisitezza - bastava schiacciarla e spalrnarla calda sul pane rafferrmo.

Morbido e gustoso, il "tuma all'argentiera" non è altro che una fetta di formaggio fresco piastrata e condita con aceto, pepe ed origano. Il risultato? Stuzzicante, saporita, perfetta con un'insalata di rucola e pomodorini, risolve un secondo piatto in un attimo ed in maniera davvero egregia!

    • tuma all'argentiera impiattata

Ingredienti

  • 8 fette di tuma di circa 3 x 4 cm (io ho preferito non dividerle e quindi ne ho utilizzate solo 4 ma di dimensione doppia), circa 400 - 500 g
  • 2 cucchiai di aceto di vino bianco
  • 1 cucchiaio di origano
  • 2 cucchiai di olio di oliva extra vergine
  • pepe q.b.
  • sale q.b. (omettere nel caso si usi formaggio primosale)
Preparazione: 2 minuti
Cottura: 10 minuti
Dosi per: 4 persone
Difficoltà: Facile
Reperibilità alimenti: Media
Livello di prezzo: Basso
Nazione: Italia
Regione: Sicilia

Attrezzatura necessaria:
  • Padella antiaderente con coperchio

Tagliare il tuma a fette spesse, l'autrice suggerisce circa un centimetro, ma provando la ricetta diverse volte ho capito che tagliandole leggermente più spesse viene meglio e si corre meno il rischio di spappolarle. Un centimetro e mezzo, massimo due dovrebbe andare bene. Il formaggio dovrebbe essere freddo di frigorifero, anche questo contribuisce a non far perdere forma alle fette, proprio come ho già spiegato qui.

Riscaldare benissimo una padella antiaderente, solo successivamente aggiungere un cucchiaio d'olio e una volta rovente adagiare le fette di tuma

primo sale rosolato

Lasciar cuocere a fuoco alto per tre o quattro minuti senza coperchio (altrimenti il calore accumulato fonderebbe il formaggio)

Rigirare poi sollevando delicatamente le fette con due forchette (meglio evitare la paletta che le sformerebbe) e cuocere a fiamma viva anche l'altro lato finchè diventa marroncino.

A questo punto se si sta usando effettivamente il tuma salare (se invece si usa il primo sale, già salato, ovviamente evitare), pepare, e distribuire l'aceto.

La ricetta originale non lo prevede ma qui è utile girare rapidamente le fette di tuma, per farle insaporire meglio anche dall'altro lato.

Subito dopo cospargere di origano, incoperchiare la padella e portare in tavola.

Il contorno che ho abbinato è una insalata di pomodorini e rucola coltivata, fresca e dolce, che contrasta magnificamente con il sapore deciso del tuma all'argentiera.

    • tuma all'argentiera impiattata 2
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Con questa ricetta partecipo al contest "Book & Cook" di Grembiule e Presine. Mi è sempre piaciuto leggere di saghe (familiari e non) intrecciate col cibo, a volte innamorandomi delle storie come per esempio di "Teresa Batista stanca di guerra" di J.Amado, altre volte detestandole insieme  all'autore per la delusione suscitata, come "La maga delle spezie" di D.Chitra. Per questo motivo il contest mi è piaciuto particolarmente, nonostante oggi lo scrivere di cibo sia così di moda, c'è chi lo fa da decenni in maniera meravigliosa, appassionandomi. Grazie Elisa!

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