• Pane di matera, fetta a cuore

"Il pane, l'acqua ed il vino, le tre cose più necessarie alla vita, sono eccellenti; ed il pane e l'acqua in ispecie, non sono inferiori a quelli di nessun paese del Regno."

Conte Carlo Ulisse De Salis Marschlins, parlando di Matera, da "Viaggio nel Regno di Napoli", 1789

Avevo sentito parlare del Barbante molte volte dalla mia storica amica Raffaella (per le Rastafiglie semplicemente zia Raffa), che con questa misteriosa pietanza mi aveva fatto incuriosire come una bertuccia cercando invano di spiegarmi le strane fasi di preparazione spiate quando cucinavano le sue zie originarie di Grassano... sul web non c'era nulla e ogni tanto mi tornava in mente lo strano suono del suo nome finchè non compare questo link che sebbene con testo in dialetto mi fa capire un po' meglio di cosa si tratti... purtroppo non mi tornavano i passaggi, descrizione troppo striminzita e senza dosi, riferita comunque ad un piatto antico e molto particolare, impossibile arrivarci da sola! Nel frattempo avevo conosciuto virtualmente una persona innamorata come me della storia lucana e delle ricette antiche legate alla cultura contadina, lo chef Mario De Muro che, oltre ad essere un vero maestro di cucina, creativo e super professionista, conserva la rara dose di essere una persona alla mano e cordiale, ed essendo originario di Grassano mi spiegò un po' meglio come procedere se avessi voluto cucinare un piatto di Barbante, ma ancora non riuscivo a raccapezzarmi sulla preparazione ed allora... non mi restava che sfoderare la mia proverbiale faccia di bronzo e chiamare a casa di Antonio, il mio compagno di liceo che ogni santo giorno si sparava i 40 chilometri di curve che separavano Grassano da Matera in autobus per venire a scuola, e appena arrivato, invece di trasformarsi in un serial killer per la levataccia ed il viaggio eroico sopportava pure tutte le mie angherie e  punzecchiature continue!
L'esperta di casa, zia Lillina, mi spiega con precisione e chiarezza come si fa il Barbante, dalla A alla Z con dosi, tempi e passaggi e per di più mi invita a prepararlo con lei per il pranzo di oggi, domenica! Ovviamente non me lo sono fatta ripetere due volte, sono stata molto contenta per l'invito, considerando che mancavo da casa loro da molto tempo, ed armatami di vassoio di paste e Rasta Family al seguito, arrivo a Grassano in una bella e fredda mattina di inverno.

Rasola antica

Veniamo accolti con il consueto calore, non è cambiato nulla a casa loro eccetto l'assenza di diversi membri della grande famiglia per lavoro o studio fuori regione, e ci mettiamo a lavorare insieme per preparare finalmente questo inafferrabile piatto! Le mani precise di zia Lillina si muovevano veloci ed esperte ed io la seguivo, e come una sacerdotessa che amministra il culto ogni tanto ordinava a sua sorella "un altro po' di brodo qui!" o "Controlla la cottura, Caterì" mentre il resto della famiglia si teneva a rispettosa distanza...
Non vi dico che onore è stato poter maneggiare la rasola personale di zia Lillina, appartenuta a sua zia Maria Arcangela, nata nel 1882!

Durante la preparazione c'è stato anche il tempo per uno degli aperitivi più buoni della mia vita, sfoglie di pane carasau scaldate sulla brace con un filo d'olio e un po' di sale e fettine di salame grassanese fatto in casa, ecchevvelodicaffà?! Fortunatamente per Antonio la sua mamma è sarda ed ha portato al già cospicuo partimonio gastronomico di famiglia anche le meravigliose ricette e prodotti della sua terra, in pratica la fusione tra le due culture ha dato un risultato paradisiaco, proprio come l'aperitivo appena trangugiato!

Guardando le anziane signore Lillina e Caterina che lavoravano mi sono ricordata della mia adorata nonna Dina (mamma mia quanto mi manca!), originaria del potentino, che faceva una ricetta simile e la chiamava millinfanti, solo che prima impastava gli stessi ingredienti in un panetto duro e poi li grattugiava con una grattugia a fori grandi, direttamente nel brodo che bolliva.
Una amica pugliese poi, mi ha detto che anche da loro esiste una ricetta identica e la chiamano malfatti nell'area barese mentre più a nord prende il nome di malembande e frevele nel Foggiano. La differenza sostanziale però è che sebbene tutti questi formati assomigliano ai "grattini" che fa la Barilla e si cuociono in brodo quasi come una normale pastina, il Barbante ha una consistenza finale più asciutta e diventa quasi un semolino.
A Grassano ogni famiglia ha la sua versione di Barbante, e mi hanno spiegato che era un piatto povero che si cucinava in inverno sia perchè è molto energetico e si gusta bollente (e quindi va bene quando fa freddo), sia perchè serviva ad utilizzare le ultime parti del maiale, dopo averlo disossato per farne conserve e salumi: le ossa con la carne che vi rimaneva attaccata (ed in alcune famiglia anche altre parti come cartilagini o pezzi di scarto). Come tutti sanno, del maiale non si buttava via proprio nulla, nella apparente crudeltà della macellazione io trovo questo utilizzo estremo di tutte le parti quasi un segno di rispetto e ringraziamento per questo generoso animale.

Il Barbante è una ricetta antica a base di semplici ingredienti come uova, farina di semola e brodo di carne di cui tutte le famiglie Grassanesi conservano gelosamente la propria versione. Io ho avuto la fortuna di imparare a cucinarlo da due signore adorabili che mi hanno svelato la loro, una delle più tradizionali, e mi hanno dato il permesso di mostrare anche a voi come si fa!

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Ingredienti per il semolino

  • 1/2 kg di farina di semola
  • 2 uova
  • due o tre cucchiai di formaggio pecorino grattugiato
  • 1 mestolo di brodo circa
  • pepe macinato q.b.
  • una manciata di prezzemolo tritato

per il brodo

  • 3 l. abbondanti di acqua
  • 1 kg circa di ossa di maiale con un po' di carne attaccata
  • 1 mazzetto di prezzemolo
  • sale q.b.
Preparazione: 20 minuti
Cottura: 2 ore
Dosi per: 4 persone
Difficoltà: Media
Reperibilità alimenti: Facilissima
Livello di prezzo: Basso
Stagione: Inverno
Nazione: Italia
Regione: Basilicata

Attrezzatura necessaria:
  • Casseruola grande
  • Casseruola medio grande
  • Pentolino
  • Tavoliere per impastare o grande tagliere
  • Rasola o spatola

Per prima cosa mettere tre litri di acqua abbondanti e le ossa di maiale con la carne in una pentola capiente con il mazzetto di prezzemolo ed il sale e lasciar sobbollire dolcemente almeno un paio d'ore.

Filtrare il brodo con un colino e togliere i pezzi di carne.

Mettere la semola a fontana sulla spianatoia, poi il pecorino grattugiato, il prezzemolo ed una spolverata di pepe, sgusciare al centro le uova ed iniziare a sbatterle con la forchetta incorporando man mano la semola che possono assorbire.

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Aggiungere un mestolo di brodo prelevato dal pentolino tenuto da parte fuori dal fuoco e mescolare rapidamente con la forchetta.

Una volta incorporato ripetere eventualmente l'operazione con un altro pochino di brodo regolandosi a seconda di quanto liquido assorbe la semola.

A questo punto bisogna armarsi di pazienza (e di una "rasola" o spatola) ed iniziare a percuotere il composto con dei rapidi colpi di taglio ravvicinati per dividere le grosse briciole che si saranno formate lavorando con la forchetta.

Il secondo movimento da eseguire è raccogliere un pugno di composto tra le mani e sfregarlo velocemente per permettere alla semola ancora rimasta slegata di incorporarsi in briciole.

Alternare più volte queste due fasi finchè  non si ottiene un composto dalla grana meno irregolare; si continueranno però a notare briciole più grosse, una sorta di farinaccio più sottile, ed anche i colori saranno meno uniformi perchè le parti che si sono formate all'inizio con le uova risulteranno più gialle e quelle invece aggregate con il brodo saranno di colore più chiaro.

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Lasciar asciugare una ventina di minuti il composto e nel frattempo portare a bollore circa due litri di brodo di maiale in una pentola capiente;

Portare a bollore anche il resto del brodo in un altro pentolino.

Versare a pioggia nella pentola grande il composto sbriciolato e girare energicamente per non creare grumi, e cuocere per una decina di minuti abbondanti mescolando di continuo.

Aggiungere un altro po' di brodo bollente prelevato dal pentolino piccolo man mano che cuoce, dovrebbe assumere la consistenza di una polentina morbida.

A fine cottura aggiungere ancora un po' di pepe macinato e del sale nel caso non sia stato sufficiente quello contenuto nel brodo e nel formaggio.

Verificare la consistenza versandone qualche cucchiaio in un piattino e se va bene portare in tavola.

Impiattare abbastanza velocemente (tende a solidificarsi) e mangiare ben caldo, possibilmente accompagando con un buon vino rosso.

    • Barbante

Note

Questa versione del Barbante è una di quelle più antiche e tradizionali; oggi molte famiglie hanno "addomesticato" il sapore particolare della pietanza alleggerendolo un po' utilizzando brodo di tacchino (o misto di manzo e pollo) al posto di quello di maiale, e un formaggio più delicato come il Grana o il Parmigiano al posto del pecorino. Inoltre in alcune delle versioni di cui ho sentito parlare il brodo di carne si realizza diversamente utilizzando altri aromi.

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