Colomba pomaricana, o scarcella di Pasqua
Questa è la storia della scarcella (o colomba pomaricana), e di zia Mariantonietta, che un giorno mio zio Claudio ha incontrato nei banchi di scuola e da cui non si è mai più separato (secondo me perchè è una donna che riesce a trovare la parte positiva anche nelle situazioni più assurde e attraversa la vita riuscendo ad essere sempre allegra -e a farti fare due risate anche a te- anche se è stanca o preoccupata).
Cresciuta a Pomarico con la sua adorata nonna Maria Mallano, classe 1910, zia Mariantonietta o meglio Nenna, ha delle mani piccole che solo a guardarle già le immagini che impastano, ed ha sempre amato trafficare in cucina.
Da bambina aiutava la nonna a cucinare e i vicini a fare i dolci della zita per i matrimoni dei parenti, e nonostante una vita abbastanza faticosa da un punto di vista lavorativo non ha mai smesso di armeggiare con pentole e tortiere per la gioia di tutti noi.
Ogni anno, prima di Pasqua, zia Nenna si dedica alla produzione industriale delle colombe pomaricane, impastando chili di farina e affettando metri di salame, ripetendo tali e quali i gesti di sua nonna Maria.
Questa ricca pizza ripiena salata era destinata ad essere consumata il giorno di Pasquetta, o lunedì dell'Angelo, ed ha più o meno gli stessi ingredienti di molte ricette simili del Sud Italia, come il tortano o il casatiello napoletano.
Questi ingredienti erano usati perchè in primavera era possibile reperirli in abbondanza o al contrario si dovevano finire le scorte messe da parte per l'inverno.
La salsiccia curata (conservata sott'olio o sotto sugna) faceva parte di queste ultime scorte invernali che bisognava terminare in quanto da un momento all'altro poteva scoppiare il caldo che la avrebbe danneggiata irreparabilmente e c'era il rischio concreto che si potesse - eresia! - sprecare del cibo così prezioso!
Con l'allungarsi delle giornate e il mitigarsi delle temperature le galline ovaiole incominciavano a produrre molte uova dopo la pausa invernale e nello stesso tempo le pecore avevano finito di allattare gli agnelli quindi si poteva utilizzare il latte per produrre i formaggi necessari, in questo caso un formaggio fresco chiamato "scallato", tipico di Pomarico, difficilmente reperibile ma sostituibile con un buon pecorino fresco, un primosale o una tuma.
Lo scallato (alla lettera: "scottato") è un pecorino fresco, prodotto portando latte di pecora e caglio a circa 38°; una volta sistemato il formaggio nei fuscelli, il siero rimasto viene portato a 85° per far affiorare la ricotta. Dopo averla prelevata, il siero (rimasto più o meno a quella temperatura) viene utilizzato per calarvi più volte il primo formaggio prodotto, per dare alla pasta maggiore corpo e compattezza. La pasta dello scallato, infatti, assomiglia sì a quella dell'originario pecorino fresco, ma è più giallina e traslucida, leggermente più saporita, e fonde più facilmente, ammorbidendosi, differenziandosi così dal pecorino (ottenuto senza quest'ultimo passaggio di lavorazione) che può addirittura essere grigliato o spadellato senza fondere, come in questa ricetta.
Questa consuetudine di calare il pecorino fresco nel siero bollente, inoltre, contribuiva ad eccelerare l'asciugatura del formaggio, evitando l'eccesso di umidità nella prima fase della stagionatura che esponeva il prodotto a deterioramento e sopratutto all'attacco delle larve di mosca. E' sopravvissuta soltanto in alcuni paesi isolati nella produzione di formaggi quasi sconosciuti e mi è sembrato il caso quindi di spenderci qualche parola per spiegarne le origini.
La scelta degli ingredienti quindi non è affatto casuale, ma non solo per i motivi sopra elencati; come nelle culture dei nostri "cugini" balcanici e greci dall'altra parte del mediterraneo il periodo di Pasqua veniva festeggiato con un'orgia di cibo per festeggiare la fine dell'inverno e propiziare il nuovo anno agricolo e pastorale che mostra i suoi primi segni di ripresa.
Oltre all'uso di ingredienti che sottolineano i concetti di abbondanza e ricchezza (non dimentichiamo che in una cultura contadina povera e dura come quella lucana del secolo scorso impiegare tanto "ben di Dio" in una sola pietanza era uno sforzo notevole, persino la farina impiegata a scopo "velleitario" e non per panificare era un lusso!) c'è una nutrita serie di elementi decorativi molto importanti.
Innanzitutto l'uso e la simbologia di alcuni motivi ricorrenti presenti nei disegni di pasta presenti sulla Colomba: se molti erano chiaramente simboli cristiani legati ai riti pasquali come la colomba, la palma, la croce e la campana ce ne erano altri tradizionali probabilmente acquisiti dalle diverse culture dei popoli orientali che in Basilicata sono vissuti per lungo tempo, un esempio chiarissimo per tutti la decorazione a forma di mezzaluna con la stella.
Singolare era la consuetudine di rappresentare gli strumenti di lavoro di famiglia: nel caso di Nonna Maria, che era una abile artigiana tessitrice che confezionava i tessuti per i corredi delle spose, infatti, comparivano sulla pizza alcuni degli strumenti per tessere, come i pesi del telaio o le spolette. Ancora più singolare era la comparsa di simboli di appartenenza politica: a casa Vitacco non era raro vedere sulla pizza la falce e il martello, data la forte identificazione e condivisione di ideali con classe operaia comunista.
La colomba si poteva decorare anche con un disegno centrale che augurava il raggiungimento di qualcosa a cui si ambiva (un nuovo capo di bestiame, un nuova casa, un nuovo lavoro).
Come decorazioni secondarie si riempivano i vuoti con pallini di pasta ben distribuiti, con i cosiddetti "lacci", cioè nodi ottenuti da un sottile filo di pasta, e si poteva arricchire il bordo con un motivo intrecciato che faceva un po' da cornice.
La forma finale che assumeva la pizza ricordava quella del sole con i suoi raggi, altro elemento simbolico molto importante che alludeva al riprendere dei cicli agrari interrotti in inverno con la mancanza di luce.
La peculiarità di questa preparazione tradizionale, però, non è solo nelle decorazioni "figurate" ma è sopratutto nella chiusura del bordo della pizza: per la finitura si usava una chiave, da sempre archetipo di significati potententemente allusori; posso solo immaginare che metaforicamente si chiudesse il vecchio anno agricolo, forse, o magari si terminasse con quel gesto perentorio quella sorta di evocazione che si faceva apponendo le figure decorative rituali prima di infornare. Sicuramente era necessario imprimere un punto di pressione che rinforzava la giuntura della pasta, ma non può essere casuale l'uso (tra tanti strumenti presenti allora in ogni casa contadina o di artigiani) proprio della chiave, possibilmente poi, si usava proprio quella della porta di casa.
Nessuno ha saputo darmi spiegazioni sull'uso della chiave usata per sigillare i denti di pasta qui nella colomba, ma anche nella confezione dei duri e saporiti taralli materani chiamati "cancelle" chiusi nel medesimo modo.
Ipotizzo inoltre una ritualità nell'uso della chiave perchè nella versione dolce della colomba pomaricana (con l'impasto a base di farina, bianchi d'uovo e poco olio ed il ripieno a base di ricotta, zucchero, tuorli e cannella) si usava, quasi in contrapposizione, il ditale -per imprimere un motivo decorativo e sigillare il bordo- oggetto anch'esso foriero di forti significati simbolici legati alla sfera del mondo femminile ed utilizzato spesso nella magia popolare per eseguire divinazioni e riti d'amore.
Una sorta di componenti maschili e femminili, quindi, che potrebbero secondo me anche alludere ai riti di fertilità pagani celebrati proprio nel periodo intorno all'equinozio di primavera, a cui con la cristianizzazione è stata sovrapposta la Pasqua.
Ma questa... è un'altra storia, e ve la racconterò un'altra volta.
Le foto originali di questa ricetta sono state scattate tutte da Antonella Mazzilli (alcune sono state modificate -malamente- da me per esigenze di impaginazione), dalla notte dei tempi amica inseparabile di Nenna, che ogni anno partecipa alla produzione pasquale di colombe pomaricane, e ormai è diventata la zia abusiva delle dozzine di nipoti e cugini assortiti della famiglia.
Poetessa dell'immagine, Antonella è una artista poliedrica capace di dare un'anima a qualunque cosa prenda in mano, una decorazione di pasta, un cucù di terracotta, un disegno che incomicia a parlare o una foto che ti colpisce dritto al cuore. La ringrazio per avermele prestate, e anche per sapermi ascoltare, sempre.
E' una pizza salata pasqualina come le tante presenti nelle nostre tradizioni regionali, ripiena di salumi, formaggi e delle immancabili uova. La particolarità che la contraddistingue però è nella chiusura e nelle decorazioni, eseguite con antichi gesti chiaramente di origine rituale di cui si è ormai perso il significato. Immaginate un augurio per Pasqua e procuratevi una grossa chiave, e provate a farla anche voi!
Ingredienti
- 120 g di olio extravergine di oliva
- 1 cucchiaio raso di sale
- 1/2 cubetto di lievito di birra
- 700 g di farina di grano duro Cappelli
- 2 pizzichi di semi di finocchio
- acqua q.b.
per farcire
- 6 o 7 uova sode (a seconda della grandezza)
- 1 "capo" di salsiccia curata sott'olio o solo stagionata (circa 300 g)
- 500 / 600 g di pecorino fresco "scallato" affettato sottilmente (in sostituzione primosale o tuma)
per lucidare
- 1 uovo intero
- 1 cucchiaio di latte
Cottura: 40 minuti
Dosi per: 4 persone
Difficoltà: Media
Reperibilità alimenti: Media
Livello di prezzo: Medio
Stagione: Primavera
Nazione: Italia
Regione: Basilicata
Attrezzatura necessaria:
- Tavoliere o tavolo di legno per impastare
- Matterello
- Coltello affilato o rasola
- Pennello alimentare
- Una chiave con dente sporgente
Preparazione "Colomba pomaricana, o scarcella di Pasqua"
Per prima cosa disporre la farina a fontana e versare al centro il lievito sciolto nell'acqua tiepida.
Incominciare ad intridere la farina con il liquido.
Una volta grossolanamente assorbito unire l'olio e incorporarlo all'impasto.
Aggiungere il sale.
Continuare a lavorare l'impasto dapprima con movimenti dall'esterno verso l'interno per amalgamare bene tutti gli ingredienti, e una volta diventato compatto affondando energicamente i palmi delle mani, allungandolo, per poi ripiegarlo e ripetere il movimento dall'inizio.
Formare una palla con l'impasto bel lavorato, incidervi una croce e lasciarla lievitare per circa un'ora, coperta da una ciotola, in luogo tiepido e privo di correnti d'aria.
Nel frattempo che l'impasto lievita affettare sottilmente la salsiccia curata, il formaggio e le uova sode.
Una volta trascorso il tempo necessario alla lievitazione dividere l'impasto in due parti, lasciando da parte una pallina di pasta necessaria per fare le decorazioni.
Stendere una parte di impasto in un disco piuttosto sottile e posizionare ordinatamente metà delle fettine di formaggio, poi metà di quelle di salsiccia curata ed infine quelle di uovo sodo.
Mettere sopra il resto dei salumi e terminare con il rimanente formaggio (che farà quindi da collante tra ripieno e impasto sia sotto che sopra).
Attenzione: è molto importante lasciare un bordo vuoto (senza ripieno) all'esterno, di circa 3 centimetri, senza questo importante passaggio non si potrà procedere alla chiusura e alla decorazione tradizionale di questa pizza!
Sovrapporre la sfoglia ottenuta dall'altra parte di impasto cercando di far combaciare bene le dimensioni e rifilare il bordo per ottenere una forma rotonda abbastanza regolare.
Bucherellare con i rebbi di una forchetta o con uno stecchino la superficie della pizza, per permettere all'umido presente nelle uova e nel formaggio di uscire in cottura senza far gonfiare la pasta rovinandola.
Chiudere bene il bordo schiacciandolo con le dita (ultima foto).
A questo punto praticare con un coltellino affilato (o meglio con la "rasola") delle incisioni a raggera tutto intorno, entrando per circa 2,5 cm o 3 cm nel bordo lasciato vuoto dal ripieno.
Ripiegare i denti così ottenuti verso l'interno alternandone uno piegato con uno steso.
Nei denti ripiegati affondare con decisione la punta in rilievo della chiava (ovviamente lavata bene per l'uso).
Stendere sottilmente la pasta tenuta da parte per le decorazioni e ricavarne un motivo decorativo centrale a piacere, altri elementi minori, ed eventualmente un bordino per rifinire il contorno.
Inumidirli ed applicarli sulla pizza.
Lucidare il tutto con l' uovo sbattuto con il latte.
Infornare in forno preriscaldato a 180°/200° non ventilato per circa 30/40 minuti, finchè la superficie non diventa di un bel bruno dorato.
Note
E' possibile trovare a Matera il formaggio "scallato" (meglio se su ordinazione) presso il mercato ortofrutticolo in via Marconi, presso la bottega Sarli, che vende prodotti caseari di Pomarico e di altri paesi lucani.