• Pane di matera, fetta a cuore

"Il pane, l'acqua ed il vino, le tre cose più necessarie alla vita, sono eccellenti; ed il pane e l'acqua in ispecie, non sono inferiori a quelli di nessun paese del Regno."

Conte Carlo Ulisse De Salis Marschlins, parlando di Matera, da "Viaggio nel Regno di Napoli", 1789

La ricetta che propongo oggi è senz'altro la più rappresentativa della civiltà rurale sviluppatasi a Matera e rimasta immutata per diversi secoli. Questo piatto ha origini antiche e una storia importante alle spalle. Il primo agosto cadeva al termine della grande fatica della mietitura (di cui ho parlato anche qui), quando, una volta messi al sicuro i preziosi chicchi di grano, finalmente si poteva tirare un respiro di sollievo e fare il bilancio dell'annata agricola, in previsione della "Santamarìj", (Santa Maria), il 15 agosto, data importantissima che sanciva il confine dell'anno lavorativo.

In passato ogni lavoro agricolo come la mietitura e la semina era scandito da un rigido calendario in cui le date fissate da feste cristiane si sovrapponevano ad antiche usanze pagane, probabilmente legate anche al ciclo astronomico. In ogni caso, come saggiamente ripetevano i nostri nonni, "O chiov, o min vind, s'minesc' quonn jet u timb!" (o piove, o tira vento, semina quando è il tempo [giusto]), che poteva valere sia in senso letterale riferito appunto ai lavori agricoli, che in senso metaforico riferito ad altri aspetti della vita.

La Crapiata era un piatto che non si cucinava mai a casa, per consumarlo normalmente a tavola, ma si faceva esclusivamente il 1° agosto, insieme, in ogni vicinato, utilizzando una grande caldaia posta a bollire su un treppiede, anticamente sul fuoco e più recentemente sui bruciatori utilizzati in genere per bollire i barattoli di conserva di pomodoro. Tutti contribuivano alla preparazione portando, a seconda delle possibilità e delle disponibilità, una manciata di grano ed una di ogni legume posseduto alle donne che si occupavano di cucinare, che inziavano i giorni prima ad ammollare i legumi e a procurarsi l'attrezzatura necessaria. I condimenti utilizzati sono semplicissimi, solo sale e qualche foglia di alloro in cottura, e il filo di olio crudo sul piatto finito è un lusso moderno, perchè anche nelle occasioni di festa, in passato, la dieta rimaneva povera e spartana, ma sicuramente il gusto della condivisione era sufficiente a dare un sapore più che ricco al piatto!

A parte le patate novelle, in genere i legumi ed il grano utilizzato erano quelli dell' anno precedente: la crapiata quindi era alla fine un cibo di risulta, realizzato con i prodotti "vecchi" per finire le scorte e sopratutto scongiurare una eventuale compromissione del nuovo raccolto; non dimentichiamo che fino a 50 anni fa erano praticamente sconosciuti pesticidi e prodotti chimici per preservare gli alimenti, per cui era molto facile che quelli stipati venissero attaccati da diversi insetti come la tignola (le farfalline) e il tonchio (il piccolo coleottero che buca i legumi). Mescolando anche una piccola quantità di alimenti contaminati si richiava che in pochissimo tempo l'infestazione si propagasse a tutte le derrate accumulate, rendendo inutilizzabili le provviste di un intero anno!

La festa della crapiata proseguiva fino a notte con musica e balli, e anche qui vigeva la regola della partecipazione, ognuno poteva portare il proprio strumento musicale ed unirsi ai suonatori, il che ancora oggi è gradito nelle varie manifestazioni. Ma oltre a mangiare e a divertirsi in questa festa venivano prese decisioni importanti: si stipulavano rapporti di affari, si rinsaldavano i legami della comunità, si decidevano comparaggi e matrimoni, insomma aveva anche una forte valenza sociale.

Attualmente a Matera è rimasta ben salda questa tradizione, e i materani, pur non abitando più negli antichi Rioni Sassi dove si faceva vita comunitaria, non rinunciano a mangiare insieme la crapiata: quest'anno ci sono tre occasioni per assaggiarla, la ufficiale "Sagra della crapiata" che si svolge nel borgo agricolo "La Martella", in cui di solito è previsto uno spettacolo e diverse altre iniziative,  la più informale e alternativa "Crapiata del Vagabondo" che l'associazione di turismo sostenibile omonima organizza, in collaborazione con il centro sociale Le Fucine dell'Eco ed il Gruppo D'Acquisto Solidale La Pastinaka presso l'ex asilo ed ex teatro dei Sassi nel Sasso Barisano, e infine c'è il sig. Nino Festa che esattamente da 40 anni prepara e serve la crapiata a tutti, con l'associazione Amici dei Sassi, in via Fiorentini, vicino alla chiesetta di Sant'Antonio Abate. Non mancano anche serate a base di crapiata in diversi bar e locali, io vi segnalo quella organizzata dall'Enoteca Provinciale, a Palazzo Acito, in recinto I Fiorentini, nel Sasso Barisano, a cui è abbinata anche la sagra del Pecorino di Moliterno.

Una zuppa dal sapore rustico e genuino, composta da grano e legumi misti, per celebrare la fine del raccolto e l'abbondanza della campagna; una preparazione collettiva e corale di un piatto che sicuramente è di origine pagana e, data la presenza del grano, carico di significato simbolico; una festa antica che prevedeva una notte di balli al suono di tamburelli e fisarmoniche in cui andava in scena un rito catartico che sanciva la chiusura dell'anno lavorativo e delle fatiche nei campi. Cosa c'è di più evocatiovo e celebrativo del nostro sud Italia?

    • crapiata 2

Ingredienti

  • 400 g di grano duro
  • 100 g. circa di fagioli bianchi di Sarconi
  • 30 g. di fagioli gialli di Sarconi
  • 100 g. circa di fagioli occhiopinto di Sarconi
  • 100 g. circa di fave secche non decorticate
  • 100 g. circa di ceci
  • 100 g. circa di cicerchie
  • 100 g. circa di lenticchie
  • 500 g. di patate novelle
  • 2 foglie di alloro
  • sale q.b.
  • olio extravergine di oliva q.b.
Preparazione: 15 minuti
Cottura: 1 ora e 30 minuti
Dosi per: 12 persone
Difficoltà: Facile
Reperibilità alimenti: Facile
Livello di prezzo: Molto basso
Stagione: Estate
Nazione: Italia
Regione: Basilicata

Attrezzatura necessaria:
  • Pentola grande
  • ciotole varie per l'ammollo dei legumi

Per preparare la crapiata la prima operazione da fare, 48 ore prima dell'inzio della cottura, è cernere il grano liberandolo dai chicchi da cui non è venuta via la pula, dai piccoli semi di vescia e da altre eventuali impurità, lavarlo e metterlo a bagno.

Almeno 24 ore prima bisogna lavare e mettere a bagno le fave secche con la buccia, mentre 12 ore prima va effettuata la stessa operazione con tutti gli altri legumi, eccetto le lenticchie.

Quando finalmente tutti i legumi ed il grano sono diventati morbidi e ben idratati, riunirli in una capiente pentola.

patate novelle per crapiata

Lavare bene le patate novelle liberandole dalla terra, ma non sbucciarle.

crapiata pentola

Aggiungere nella pentola le lenticchie asciutte (avendo un tempo di cottura più breve degli altri legumi è opportuno non ammollarle, in caso contrario si disferebbero rovinando la zuppa), le patate novelle e l'alloro, aggiungere acqua fredda fino a coprire per circa cinque o sei centimetri, portare ad ebollizione e cuocere a fuoco lento per circa due ore.
Asportare di tanto in tanto la schiuma che eventualmente si dovesse formare con la schiumarola.

crapiata cottura con mestolo primo piano

Trascorse le due ore assaggiare e regolare la quantità di liquido presente a seconda del grado di cottura dei legumi più duri (in questo caso le fave), aggiungendo acqua nel caso fossero ancora molto duri, o alzando leggermente la fiamma se la cottura è prossima ed è presente troppo liquido.

Salare la zuppa solo dopo aver regolato il liquido. Il sale si aggiunge alla fine in quanto ostacola la cottura, in pratica i legumi tendono a rimanere duri se cotti direttamente in acqua salata.

Eliminare le foglie di alloro e impiattare, completando con un generoso giro di buon olio extra vergine di oliva. In passato però la crapiata si consumava scondita.

    • Crapiata bordo piatto

Note

Le quantità e la tipologia dei legumi che ho specificato negli ingredienti sono del tutto indicative, ovviamente un piatto dalle origini così antiche e dalla storia così particolare si fa con i legumi disponibili, e secondo le proprie preferenze. La regola generale è che il grano dovrebbe essere circa un terzo (o anche di più) del totale. Un piccolo consiglio "estetico", specialmente se si prepara con anticipo la crapiata: è meglio evitare (o utilizzare in minima parte) legumi scuri. Io non ho usato nè borlotti, (d'altronde sarebbero stati fuori luogo, erano poco conosciuti qui in passato), ma neppure i buonissimi fagioli rossi di Sarconi, perchè avrebbero conferito un colore cupo alla zuppa.

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